
La vera sfida per un founder non è trovare 50.000€, ma ottenerli senza cedere il controllo strategico del proprio futuro.
- L’autofinanziamento iniziale (bootstrap) non è un ripiego, ma la più potente leva negoziale per trattare da una posizione di forza con gli investitori.
- Una valutazione irrealistica della propria idea è l’errore più comune che allontana gli investitori professionali prima ancora di iniziare a parlare.
Raccomandazione: Tratta la raccolta fondi non come una richiesta di aiuto, ma come la prima, fondamentale negoziazione strategica della tua azienda. La preparazione vale più del capitale.
L’idea c’è. È brillante, innovativa, e ti tiene sveglio la notte. Il mercato potenziale è enorme. Manca solo un dettaglio: il capitale per partire. Per un giovane founder in Italia, soprattutto senza garanzie reali da offrire, la ricerca dei primi 50.000€ può sembrare una scalata impossibile, un percorso a ostacoli tra sportelli bancari che chiedono l’ipoteca sulla casa dei genitori e un labirinto di opzioni poco chiare. La conversazione tipica si arena subito su un bivio: crowdfunding, business angel, o forse quei famosi fondi europei di cui tutti parlano?
Le risposte standard sono sempre le stesse: “prepara un business plan impeccabile”, “fai networking”, “credici fino in fondo”. Consigli validi, ma che ignorano il vero cuore del problema. La questione non è semplicemente *dove* trovare i soldi, ma *come* ottenerli preservando il bene più prezioso di un fondatore: il controllo e la visione a lungo termine della propria creatura. La raccolta di capitale non è una caccia al tesoro, ma un gioco di strategia, potere e negoziazione.
E se la chiave non fosse bussare a quante più porte possibili, ma costruire una posizione di forza tale da rendere gli investitori desiderosi di entrare? Questo articolo non è una semplice lista di fonti di finanziamento. È una mappa strategica pensata per te, l’advisor che ti guida a trasformare la tua posizione di apparente debolezza – la mancanza di garanzie – nel tuo più grande vantaggio. Analizzeremo come ogni scelta, dall’autofinanziamento alla struttura societaria, influenzi il tuo potere contrattuale, l’unica vera garanzia per il futuro.
In questa guida, esploreremo passo dopo passo le tattiche per navigare il complesso mondo del fundraising italiano. Dalle insidie delle domande a Invitalia alla delicata arte della valutazione pre-money, ti forniremo gli strumenti per negoziare non da postulante, ma da partner strategico. Il sommario seguente delinea il percorso che affronteremo insieme.
Sommario: La roadmap strategica per finanziare la tua startup
- Perché finanziare l’azienda con i propri risparmi ti dà più potere contrattuale in futuro?
- Come compilare la domanda per i finanziamenti Invitalia senza farsi scartare per vizi di forma?
- Cedere quote o indebitarsi: quale scelta protegge meglio il futuro del fondatore?
- L’errore di valutare troppo la tua idea che fa scappare gli investitori professionisti
- Quando chiudere il round di investimento per non rimanere senza cassa durante lo sviluppo?
- Quando richiedere i fondi “Resto al Sud” o “Impresa Donna” per ottenere contributi a fondo perduto?
- Nuda proprietà o immobile a reddito: quale investimento protegge meglio dall’inflazione?
- Come aprire una SRLS in Italia in 48 ore evitando i colli di bottiglia burocratici comuni?
Perché finanziare l’azienda con i propri risparmi ti dà più potere contrattuale in futuro?
Nell’immaginario collettivo, l’autofinanziamento o “bootstrapping” è spesso visto come un’opzione di ripiego, la strada per chi non è riuscito a convincere gli investitori. Questa è una visione profondamente sbagliata. In realtà, finanziare le prime fasi della tua startup con risorse proprie è la mossa strategica più potente che tu possa fare. Non si tratta solo di “metterci la faccia”, ma di costruire attivamente il tuo potere negoziale per le future raccolte di capitale. Quando un investitore esterno, che sia un business angel o un fondo di venture capital, valuta un’opportunità, una delle prime domande che si pone è: “il fondatore ha investito del suo?”.
Un founder che investe i propri risparmi non sta solo coprendo i costi iniziali; sta inviando un segnale inequivocabile al mercato: la fiducia nel progetto è così alta da mettere in gioco il proprio patrimonio. Questo semplice atto riduce drasticamente l’asimmetria informativa tra te e il potenziale finanziatore. Se tu, che conosci il progetto meglio di chiunque altro, sei disposto a rischiare, perché un esterno non dovrebbe considerarlo seriamente? Questo approccio dimostra una disciplina finanziaria e una capacità di generare valore con risorse limitate (la cosiddetta *traction*), metriche che valgono oro in una negoziazione.
Arrivare al tavolo delle trattative con clienti paganti, un prodotto funzionante e un fatturato iniziale, anche se piccolo, finanziato interamente con profitti reinvestiti e risparmi, cambia radicalmente le dinamiche. Non stai più chiedendo soldi per un’idea su un PowerPoint; stai offrendo l’opportunità di investire in un’azienda già avviata e con una validazione di mercato. Questo ti permette di negoziare una valutazione più alta, cedere una quota minore della tua società e mantenere un maggiore controllo sulle decisioni strategiche. L’autofinanziamento non è un segno di debolezza, ma la costruzione delle fondamenta della tua indipendenza futura.
Piano d’azione per costruire potere contrattuale
- Definisci i punti di contatto: Reinvesti i primi profitti generati dai clienti per dimostrare traction senza diluizione del capitale.
- Organizza la raccolta dati: Documenta ossessivamente le metriche chiave di crescita organica (utenti attivi, fatturato, tassi di conversione) per usarle come prova nelle negoziazioni future.
- Valuta la coerenza con i valori: Posticipa il fundraising fino al raggiungimento di milestone significative (es. 100 clienti paganti) che possono moltiplicare la valutazione pre-money.
- Analizza la mémorabilità: Combina diverse fonti interne come risparmi personali, reinvestimento dei profitti e il cosiddetto “3F” (Family, Friends, Fools) per raggiungere i primi obiettivi.
- Crea un piano d’integrazione: Sfrutta l’autonomia garantita dall’autofinanziamento per prendere decisioni strategiche critiche senza interferenze esterne, consolidando la tua visione prima di aprire il capitale.
Come compilare la domanda per i finanziamenti Invitalia senza farsi scartare per vizi di forma?
I bandi di Invitalia, come Smart&Start, Resto al Sud o Impresa Donna, rappresentano un’opportunità eccezionale per ottenere capitale a condizioni vantaggiose, spesso con una quota a fondo perduto. Tuttavia, l’entusiasmo iniziale si scontra spesso con una dura realtà: la burocrazia. Non è un segreto che una percentuale significativa di domande venga respinta non per la debolezza dell’idea imprenditoriale, ma per banali errori formali. Secondo alcune stime, oltre il 60% delle domande presentate senza il supporto di un professionista viene respinto per vizi di forma o incompletezza documentale.
L’errore più comune è sottovalutare la meticolosità richiesta. La piattaforma di Invitalia non perdona imprecisioni. Un business plan con proiezioni finanziarie incoerenti, l’assenza di una firma digitale valida, una casella PEC non attiva o preventivi di spesa non conformi sono cause di esclusione quasi automatiche. Trattare la compilazione come una semplice formalità è il primo passo verso il fallimento. Al contrario, va approcciata con la stessa serietà con cui si presenterebbe il progetto a un investitore privato.
Per evitare la bocciatura, l’organizzazione è tutto. Prima ancora di accedere al portale, è essenziale avere a portata di mano tutti i documenti e le credenziali necessarie. Questo significa verificare il possesso di SPID, CNS o CIE, avere una firma digitale attiva e una PEC intestata alla società (o al futuro socio referente). Il business plan deve essere realistico, dettagliato e coerente in ogni sua parte, dalle analisi di mercato alle proiezioni economiche a 3-5 anni. Ogni cifra inserita nella domanda online deve trovare un riscontro preciso e giustificato nel documento allegato.
Questo processo metodico non solo aumenta drasticamente le probabilità di successo, ma funge anche da stress test per il tuo stesso progetto, costringendoti a definire ogni dettaglio in modo rigoroso. L’immagine sottostante illustra l’approccio organizzato necessario per affrontare questa sfida.

Come evidenziato, la precisione documentale è il fondamento di una domanda di successo. Ogni elemento, dal preventivo di un fornitore alla visura camerale, deve essere perfetto. Ricorda: per la commissione valutatrice, la qualità della tua domanda riflette la qualità della tua futura gestione aziendale.
Cedere quote o indebitarsi: quale scelta protegge meglio il futuro del fondatore?
Una volta esaurite le risorse del bootstrapping, il founder si trova di fronte al primo, vero bivio strategico: cercare capitale di rischio (equity) cedendo quote della società o ricorrere al capitale di debito (debt) indebitandosi? Non esiste una risposta universalmente corretta; la scelta dipende dalla natura del business, dalla fase di sviluppo e, soprattutto, dalla visione a lungo termine del fondatore. Entrambe le strade hanno implicazioni profonde sul controllo e sulla flessibilità futura.
Cedere quote a un Business Angel o a un fondo di Venture Capital significa accogliere un socio a bordo. Questo comporta una diluizione della propria partecipazione e, spesso, una perdita parziale del controllo decisionale. L’investitore potrebbe richiedere un posto nel Consiglio di Amministrazione e avere voce in capitolo sulle scelte strategiche. In cambio, però, non si ottiene solo capitale: un buon investitore porta con sé un network di contatti preziosi, esperienza manageriale e credibilità. In Italia, questo ecosistema è in crescita: una recente analisi ha rivelato che nel 2023 si contavano più di 1600 business angel attivi, a testimonianza di un mercato maturo. Il debito, al contrario, come quello ottenibile tramite piattaforme di lending crowdfunding, non intacca la proprietà. Il 100% delle quote rimane nelle mani dei fondatori, garantendo piena autonomia gestionale. Il prezzo di questa indipendenza è una pressione costante sul cash flow: le rate del prestito vanno ripagate mensilmente, indipendentemente dall’andamento del fatturato, mettendo a rischio la startup nei primi, delicati anni di vita.
La tabella seguente mette a confronto l’impatto di queste due opzioni su una startup che raccoglie 50.000€, evidenziando il trade-off fondamentale tra controllo e pressione finanziaria.
| Aspetto | Cessione 20% a Business Angel | Lending Crowdfunding 8% |
|---|---|---|
| Costo immediato | Nessun esborso monetario | Rate mensili €625 (su 8 anni) |
| Diluizione equity | 20% proprietà ceduta | 0% – mantenimento 100% quote |
| Controllo gestionale | Possibile presenza in CdA dell’investitore | Piena autonomia decisionale |
| Pressione cash flow | Nulla | Alta nei primi anni |
| Valore aggiunto | Mentorship + Network dell’angel | Solo capitale |
| Exit strategy | Necessario accordo con socio | Libertà totale post-rimborso |
La scelta, quindi, non è puramente finanziaria. È una scommessa sul futuro. Se credi che il valore aggiunto del network e della mentorship di un investitore possa accelerare la crescita in modo esponenziale, l’equity è la strada giusta. Se invece la tua priorità assoluta è mantenere il 100% del controllo e sei confidente nella capacità del tuo business di generare flussi di cassa stabili fin da subito, il debito potrebbe essere la scelta che meglio protegge la tua visione.
L’errore di valutare troppo la tua idea che fa scappare gli investitori professionisti
Uno dei momenti più critici e fraintesi nel processo di fundraising è la determinazione della valutazione pre-money, ovvero il valore attribuito alla startup prima dell’iniezione di capitale. Molti founder, spinti da un comprensibile amore per la propria idea, cadono nella trappola dell’ “effetto dotazione”: sovrastimano il valore del proprio progetto, chiedendo agli investitori di finanziare un sogno a una valutazione sproporzionata rispetto alla fase di sviluppo. Questo è l’errore più rapido per far scappare un investitore professionista.
Un Business Angel non investe solo sull’idea, ma sul potenziale di ritorno economico. Una valutazione pre-money irrealistica comunica arroganza, ingenuità o, peggio, la volontà di approfittare dell’investitore. Per un progetto pre-revenue, parlare di valutazioni milionarie è quasi sempre un segnale di allarme. È fondamentale ancorare la valutazione a dati oggettivi e a metodologie riconosciute dal mercato. Ad esempio, le analisi di mercato indicano che un SaaS B2B in fase seed a Milano vale realisticamente tra 250.000€ e 400.000€ pre-money. Ignorare questi benchmark è un suicidio negoziale.
Esistono diversi metodi per arrivare a una valutazione difendibile per una startup pre-revenue:
- Metodo Berkus: Assegna un valore (fino a 500.000€ in mercati maturi, da ricalibrare per l’Italia) a 4-5 elementi chiave: la solidità dell’idea, l’esistenza di un prototipo, la qualità del team fondatore, le relazioni strategiche e le prime vendite.
- Scorecard Method: Si parte da una valutazione media del settore e della geografia di riferimento, e si applicano dei moltiplicatori (da 0.75x a 1.5x) in base alla forza della startup su diversi fattori (team, mercato, prodotto, etc.).
- Metodo dei Comparables: Si analizzano le valutazioni di startup simili per settore e stadio di sviluppo che hanno recentemente chiuso un round di finanziamento o realizzato una exit.
Tuttavia, esiste una via più strategica per aggirare il problema della valutazione in una fase così iniziale, allineando gli interessi di founder e investitore.
Studio di caso: Posticipare la valutazione con SAFE e Note Convertibili
Strumenti di finanza alternativa come il SAFE (Simple Agreement for Future Equity) o la sua versione italiana, gli Strumenti Finanziari Partecipativi, permettono di raccogliere capitale oggi senza dover fissare una valutazione. L’investitore versa i fondi e in cambio ottiene il diritto di ricevere quote della società in futuro, in occasione di un successivo round di finanziamento “qualificato” (es. un Serie A). La conversione avviene a una valutazione che sarà determinata in quel momento da un investitore istituzionale, spesso con uno sconto per l’investitore iniziale. Questo strumento permette di posticipare la delicata discussione sulla valutazione a un momento in cui l’azienda avrà metriche più solide, riducendo l’attrito e accelerando la chiusura del primo round.
Quando chiudere il round di investimento per non rimanere senza cassa durante lo sviluppo?
La gestione del tempo nel fundraising è tanto cruciale quanto la negoziazione stessa. Molti fondatori commettono l’errore fatale di iniziare a cercare capitali solo quando le riserve di cassa sono quasi esaurite. Questo li pone in una posizione di estrema debolezza negoziale, costringendoli ad accettare condizioni sfavorevoli pur di sopravvivere. La regola d’oro è: inizia a cercare soldi quando non ne hai bisogno. Il timing non è un’arte, ma una scienza basata su un calcolo preciso: la runway.
La “runway” è la quantità di tempo (in mesi) che la tua startup può sopravvivere prima di esaurire completamente la liquidità, basandosi sul “burn rate” mensile (la perdita netta di cassa ogni mese). Conoscere questo numero è fondamentale. Il processo di fundraising, dal primo contatto con un investitore alla ricezione dei fondi, è lungo e imprevedibile. Secondo i dati delle principali associazioni di settore, il processo di raccolta con un Business Angel in Italia dura in media dai 6 ai 9 mesi. Iniziare la ricerca con soli 3 mesi di runway è una ricetta per il disastro.
La pianificazione deve essere proattiva. Un approccio disciplinato prevede di calcolare il burn rate e di assicurarsi di avere sempre una runway sufficiente a coprire l’intero processo di raccolta, più un margine di sicurezza. L’immagine seguente cattura la tensione e l’importanza di questa pianificazione strategica.

Una formula pratica per non farsi trovare impreparati è la seguente:
- Calcola il tuo burn rate mensile attuale: Somma tutte le spese fisse (stipendi, affitto, software) e variabili ricorrenti.
- Definisci la runway minima: Moltiplica il burn rate per almeno 10. Questa è la cassa che devi avere in banca PRIMA di iniziare attivamente il fundraising.
- Aggiungi un buffer: Prevedi sempre 3 mesi di buffer per ritardi e imprevisti nel processo di due diligence o negoziazione.
- Inizia il pre-marketing: Quando la tua runway scende a 12-15 mesi, è il momento di iniziare a “scaldare” i contatti, aggiornando potenziali investitori sui tuoi progressi senza chiedere ancora nulla.
- Crea urgenza (FOMO): Una volta avviato il round, fissa una deadline chiara per la chiusura. Questo può spingere gli investitori indecisi a prendere una decisione per paura di perdere l’opportunità (Fear Of Missing Out).
Quando richiedere i fondi “Resto al Sud” o “Impresa Donna” per ottenere contributi a fondo perduto?
Oltre al capitale di rischio e di debito, l’ecosistema italiano offre una terza via estremamente interessante: la finanza agevolata. Bandi come Resto al Sud, ON – Nuove Imprese a Tasso Zero e il Fondo Impresa Donna, gestiti da Invitalia, sono strumenti potenti perché spesso combinano finanziamenti a tasso zero con una quota significativa di contributi a fondo perduto. Questo significa ricevere capitale che non dovrà essere restituito e non diluisce le quote societarie: il “carburante” ideale per una startup in fase di avvio.
La domanda chiave non è “se” richiederli, ma “quando” e “quale”. Ogni bando ha un target specifico, requisiti di accesso stringenti e tempistiche di istruttoria che devono essere allineate con la roadmap di sviluppo della startup. Ad esempio, “Resto al Sud 2.0” si rivolge a giovani (18-55 anni) residenti in determinate aree geografiche, offrendo fino a 200.000€ con il 50% a fondo perduto. Il “Fondo Impresa Donna” è invece dedicato a imprese a prevalente partecipazione femminile, senza vincoli territoriali. Capire quale bando è più adatto al proprio profilo è il primo passo per non sprecare tempo e risorse.
La tabella sottostante offre una matrice di compatibilità per orientarsi tra i principali strumenti disponibili, evidenziando target, massimali e settori prioritari.
| Bando | Target | Contributo Max | Settori Prioritari | Tempistica |
|---|---|---|---|---|
| Resto al Sud 2.0 | 18-55 anni, Sud Italia + zone terremoto | €200k (50% fondo perduto) | Tutti tranne agricoltura | 3-6 mesi istruttoria |
| Impresa Donna | Imprese femminili | €250k variabile | Tutti i settori | Sportello |
| Smart&Start Italia | Startup innovative <5 anni | €1,5M (90% tasso zero) | Tech, digitale, R&D | 4-8 mesi |
| Nuove Imprese Tasso Zero | Under 35 o donne | €3M mix contributi | Manifattura, servizi, turismo | Sportello continuo |
Un aspetto strategico spesso trascurato è la possibilità di cumulare diversi incentivi. Un’attenta pianificazione fiscale e finanziaria può permettere di combinare, ad esempio, un bando regionale con un credito d’imposta nazionale, massimizzando l’apporto di capitale non diluitivo.
È possibile combinare crediti d’imposta con contributi regionali, purché non si superi il 100% delle spese e si rispettino i massimali de minimis (€300K in 3 anni).
– Guida Incentivimpresa, Analisi Cumulabilità Bandi 2025
Richiedere questi fondi richiede la stessa preparazione di una domanda Invitalia standard, ma il ritorno, in termini di capitale a fondo perduto, può cambiare radicalmente le prospettive di crescita di una giovane azienda, fornendo le risorse per raggiungere quelle milestone che aumenteranno il potere contrattuale in un futuro round con investitori privati.
Nuda proprietà o immobile a reddito: quale investimento protegge meglio dall’inflazione?
Potrebbe sembrare un argomento fuori contesto, ma un founder visionario deve pensare non solo a come finanziare la sua azienda, ma anche a come costruire e proteggere il proprio patrimonio personale nel lungo periodo. Il dilemma tra l’acquisto della nuda proprietà di un immobile e un immobile a reddito offre una metafora perfetta per le scelte finanziarie di una startup. È una lezione sulla differenza tra la generazione di liquidità oggi e la capitalizzazione del valore domani.
Un immobile a reddito è come un finanziamento tramite debito: genera un flusso di cassa costante e prevedibile (l’affitto mensile), che aiuta a sostenere le spese correnti. Tuttavia, il suo valore è esposto alle fluttuazioni del mercato e all’inflazione, e richiede una gestione attiva (manutenzione, inquilini). Allo stesso modo, un finanziamento bancario o il lending crowdfunding offrono liquidità immediata, ma impongono un costo fisso (le rate) che appesantisce il cash flow e non aumenta il valore intrinseco dell’azienda.
La nuda proprietà, invece, è un investimento in puro valore futuro, molto simile al capitale di rischio (equity). Acquistandola, si rinuncia a qualsiasi flusso di cassa immediato, ma si scommette sulla crescita del valore dell’asset nel tempo, diventandone pieno proprietario solo in futuro. Analogamente, quando un founder decide di non distribuire dividendi e di reinvestire ogni euro di profitto (o di accettare un salario minimo), sta rinunciando a liquidità oggi per massimizzare il valore a lungo termine della sua quota di partecipazione. Sta costruendo la sua “nuda proprietà” aziendale.
Questa mentalità da investitore patrimoniale è fondamentale. Mentre la startup cresce, il fondatore deve bilanciare la necessità di liquidità per far funzionare l’operatività (l’immobile a reddito) con la necessità di costruire valore equity che lo protegga dall’inflazione e gli garantisca una futura exit milionaria (la nuda proprietà). Pensare in questi termini aiuta a prendere decisioni meno emotive e più strategiche, sia per l’azienda che per le proprie finanze personali.
Da ricordare
- L’autofinanziamento non è un ripiego, ma la tua prima leva negoziale per trattare da una posizione di forza.
- La valutazione della startup deve essere realistica e strategica; strumenti come il SAFE possono posticiparla proteggendo founder e investitore.
- La burocrazia (domande Invitalia, scelta forma societaria) non è un ostacolo, ma un’opportunità per dimostrare preparazione e serietà.
Come aprire una SRLS in Italia in 48 ore evitando i colli di bottiglia burocratici comuni?
La scelta della forma societaria è l’architettura legale su cui si costruirà tutta la strategia di raccolta fondi. Molti giovani founder sono attratti dalla SRLS (Società a Responsabilità Limitata Semplificata) per i suoi costi di costituzione quasi nulli. Tuttavia, questa scelta, apparentemente vantaggiosa, presenta limiti strutturali che possono diventare un pesante ostacolo per una startup ambiziosa che punta a raccogliere capitali. La SRLS, infatti, utilizza uno statuto standard non modificabile, che non permette di inserire clausole essenziali per gli investitori, come diritti particolari per alcune categorie di quote, clausole di vesting per i soci o patti parasociali complessi.
Per una startup innovativa, la SRL ordinaria è quasi sempre la scelta migliore, nonostante i costi notarili iniziali. Offre la massima flessibilità per modellare lo statuto e accogliere le richieste degli investitori. Il mito delle lungaggini burocratiche per la sua costituzione può essere sfatato con una preparazione meticolosa. È possibile costituire una SRL in 48 ore se si arriva dal notaio con un “kit pre-costituzione” completo, avendo già preso tutte le decisioni strategiche ed evitato i colli di bottiglia più comuni.
Prima di prenotare l’appuntamento, è fondamentale preparare:
- Definizione dell’oggetto sociale: Deve essere sufficientemente ampio per permettere future evoluzioni del business, ma focalizzato su attività innovative ad alto valore tecnologico per accedere ai benefici di legge.
- Verifica della denominazione sociale: Una visura camerale preventiva per controllare che il nome scelto sia disponibile evita ritardi.
- Bozza di patti parasociali: Un accordo che regola i rapporti tra i soci su questioni chiave come il vesting (maturazione delle quote nel tempo), i diritti di prelazione e le clausole di trascinamento (drag-along).
- Verifica dei requisiti di startup innovativa: Per iscriversi all’apposita sezione del registro imprese, è necessario rispettare almeno uno dei tre requisiti oggettivi, come avere spese in Ricerca e Sviluppo superiori al 15% del maggiore tra costo e valore totale della produzione.
- Documentazione completa: Raccogliere in anticipo documenti d’identità, codici fiscali e indirizzi PEC di tutti i soci.
Presentarsi dal notaio con le idee chiare e tutti i documenti pronti trasforma un potenziale percorso a ostacoli in una formalità rapida ed efficiente. Questa preparazione non solo accelera i tempi, ma dimostra ancora una volta quella maturità gestionale e quella capacità di pianificazione che ogni investitore cerca in un team di fondatori.
Ora che hai la mappa strategica, dall’autofinanziamento alla struttura legale, il prossimo passo è trasformare queste conoscenze in un piano operativo. Non aspettare di avere l’acqua alla gola. Inizia oggi stesso a costruire il tuo dossier, a calcolare le tue metriche e a definire l’architettura della tua futura azienda. Questa preparazione è l’unico, vero capitale che nessuno potrà mai portarti via.